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 G i o r g i o   R i g o n


"PER VIRTÙ DI POESIA"

“… nominare un oggetto è sopprimere tre quarti
del godimento della poesia, che è costituita dalla felicità
di indovinare poco a poco: suggerire. Ecco il sogno!…”
(Stéphane Mallarmée)
    Fotografare il reale e mantenere intatta la fedeltà al dato visivo è, talora, come per il poeta, <nominare un oggetto> e quindi privare della felicità di <indovinare poco a poco>.
    Ma è legittimo trasferire la considerazione del Poeta dalla dimensione letteraria a quella della figurazione fotografica? Le note che seguono tentano di delineare ogni possibile rapporto tra certa fotografia e certa poesia.
    È evidente che una relazione tra il figurato e il letterario si può tentare solo nell’ambito di categorie estetiche similari. Ad esempio: un reportage fotografico di cronaca o di guerra si potrà rapportare alle poetiche letterarie del verismo, del realismo, oppure della poesia epica o dell’espressionismo, mentre la rivelazione in veste fotografica di un aspetto interiore, di un sentimento, di una contemplazione della natura, potranno trovare una corrispondenza nella poesia lirica di tipo intimista.
    Il lirismo è tanto più vicino al nostro sentire e vedere moderno quanto più viene espresso con la stringatezza della forma e la selezione dei moduli linguistici propri della poesia simbolista o di quella che, impropriamente, va sotto il nome di ermetica. Ecco la categoria poetica sulla quale condurre, in questa sede, il trasporto dal suggestivo della lirica al figurato della fotografia.
    Formuliamo qualche esempio di tale trasporto!
Che altro sono le semplici locuzioni poetiche:





se non altrettante fotografie? Ed il fondamento di queste locuzioni poetiche o fotografie che altro è se non una scorciatoia per isolare dei frammenti e trasferirli dal descrittivo al visionario il più dolcemente possibile?
    Il frammento! Applicarvi l’attenzione dello sguardo e dello spirito, sforzarsi di annullare tutto il reale caotico e disorganico che gli <chiacchiera> intorno. Il frammento che diviene elemento rivelatore, testimonianza visibile di un’essenza spesso mascherata, nei cui confronti si procede per allusioni ed analogie.
    Il frammento, in base al principio della trasposizione, non significa soltanto ciò che rappresenta ma suggerisce significati altri che spesso sanno di mistero. “È l’uso perfetto di questo mistero che costituisce il Simbolo” (Mallarmée).
    Quando Montale parla di
“…una muraglia che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia” [6]
non gioca solo con rime e digrammi, ma fa una fotografia che diventa simbolo inequivocabile di una regione, di una gente, la testimonianza dell’istintiva diffidenza ligure che, dei cocci di bottiglia a merlare i muri, ha fatto uno stilema architettonico a gelosa difesa degli orti, una decorazione verde-brillante che concorre allo struggimento nostalgico dello

    Evidente, nei pochi esempi sopra riportati, il rapporto stretto e simbiotico <Poesia-Fotografia>, le altre discipline figurative qui non c’entrano. Forse è stata proprio la fotografia con il suo potere di parzializzazione, di segmentazione della realtà visibile, ad indicare ai poeti un linguaggio di sintesi. O forse sono le inquietudini ed i turbamenti dei poeti del primo ‘900 a suggerire ai fotografi l’analisi del frammento, ad impartire loro una lezione sul come coniugare favola e memoria e ad organizzare la sintassi figurale che lega l’universo dei segni a quello delle idee.
Poeti e fotografi, gli uni con l’economia delle parole, gli altri con l’economia dei segni, hanno scoperto come comunicare l’ineffabile e rendere visibile l’invisibile.
    Gli uni e gli altri, nella stessa stagione, hanno acquisito la consapevolezza che il troppo descrivere mortifica l’intuito ed arresta la fantasia.
    Alla luce di questa dimensione dell’indefinito e del particolare da riflessione intima, leggiamo le fotografie dei fotografi che hanno scelto di rappresentare le armoniche linee del corpo femminile e, quindi, sembrano avere scelto, quale partner lirico, Vincenzo Cardarelli:

    Associare il nome del poeta dell’assorta meditazione a noi fotografi è forse azzardato, se non fosse che l’incanto dell’adolescenza, di ciò che si sviluppa e <si svela poco a poco >, fa parte, per virtù di poesia, della coscienza universale.