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 G i o r g i o   R i g o n


"L'ESTETICA DELL'INVEROSIMILE"
- Ovvero: la digital-fenomenologia -

    I fotoamatori dediti alla disciplina del digitale, meritano veramente tutta la nostra simpatia, se non altro perché onorano le virtù peculiari e preziose dell’amatoriato fotografico: la curiosità, la voglia di sperimentare, l’urgenza di inserirsi nella funzione progressiva dell’arte del comunicare e, comunque, la volontà di non essere secondi a nessuno in materia di creatività.
    Che poi, sul piano dei contenuti, le esperienze eterogenee, così come appaiono assiepate nelle nostre manifestazioni, non si configurino in una vera e propria <categoria estetica> poco importa, almeno per il momento.
    Quando parliamo d’immagine digitale, infatti, accettiamo immediatamente una perdita di profondità rispetto ai valori della fotografia.
    La perdita di profondità è una caratteristica che compromette qualsiasi manifestazione della cultura, allorquando questa è assimilata dalla massa, e non vi è dubbio che il traffico intenso delle immagini digitali verso il terminale del nostro habitat domestico si è massificato.
    Approfondiamo pure, ancora per un po’, gli aspetti tecnici del digitale, non tanto per perfezionarci nel loro impiego, ma per individuare quelle <trappole> che si nascondono nei vari Software come scorciatoie comunicative e che ci sottraggono il controllo del mezzo. Alludo ai vari menù, ai vari filtri che ci prendono la mano e che intervengono automaticamente per mistificare le nostre fotografie. A questo proposito, mi sia consentita qualche riflessione sulla genesi della poetica mistificatoria che, da sempre, i fotografi si compiacciono di esplorare, attraverso le amate tecniche di camera oscura prima e, oggi, davanti al computer.

DALLA MANUALISTICA ANNI ‘60 AL KITSCH [1]
    Risale agli anni ‘60 quel tipo di manualistica ricca di modelli iconografici che rappresentavano, nel bene e nel male, un incentivo alla mistificazione del dato visivo per farlo assurgere alla categoria estetica dell’inverosimile. Classico esempio: la tecnica di separazione dei toni. Una novità all’epoca. Oggi, dopo quasi quarant’anni d’applicazione, guardiamo a quella tecnica come ad un fenomeno epocale, cercando di immedesimarci nell’ingenuo stupore di allora per il virtuosimo tecnico, ma ci chiediamo anche se non sia più lirico il realismo delle fotografie originarie, così come erano state scattate con perfetta aderenza al dato visivo. Vi era la convinzione, avallata anche da certe giurie di concorsi fotografici, che la semplice, pedissequa riproduzione della realtà oggettiva offrisse troppo poco alla lettura ed all’estro critico. Quel concetto critico del troppo poco…, è, anche oggi, alla base di molti equivoci sulla creatività, specialmente nelle figurazioni digitalizzate intrise di surrealismo e di concettuale.

CONFRONTO TRA "AURE"
        L’immagine digitale, se esperita sotto il profilo puramente estetico, ha la stessa pregnanza espressiva dell’immagine fotografica tradizionale, sotto certi aspetti anche maggiore. Rimane da discutere sull’Aura [2], di Benjaminiana memoria, che, nell’immagine digitale, certamente è assente.
    L’Aura è quell’insieme di sensazioni suscitate dall’unicità di un’opera, dal pregio artigianale di un manufatto, dalla preziosità del supporto, dall’immutabilità nel tempo. Ogni fotografia è caratterizzata da due valenze fascinose cui fanno riscontro differenti tipi d’aura:
  1. il fascino del manufatto da conservare quale testimonianza di un momento preciso della Storia. Come tale, la fotografia possiede l’Aura del pregio artigianale che, con il passare del tempo, s’incrementa fino a sommarsi all’aura dell’unicità, quando le circostanze gli fanno assumere il valore di reperto singolare.
  2. il prestigio del documento socialmente utile, dotato d’elevato tasso di credibilità da utilizzare ai fini dell’informazione, della divulgazione e del consumo. È l’aura peculiare della fotografia: quella dell’autenticità e dell’oggettività , aura che conserva, anche dopo la diffusione attraverso i mezzi di comunicazione del momento, poiché il suo processo di riproduzione garantisce, comunque, la conformità alla matrice originale, cioè al negativo. L’immagine digitale, sotto qualsiasi profilo la si consideri, appare spogliata sia dell’aura iniziale sia di quella incrementale del tempo. Non può, infatti, paragonarsi ad un documento fotografico, essendo più vicina al prodotto litografico ed al videotape, né possedere il prestigio del documento dotato d’elevato tasso di credibilità e di fedeltà, poiché l’assenza di un supporto fisico originale, che conservi il simulacro iniziale della realtà fotografata, priva l’immagine digitale dei requisiti in tal senso.
    
In assenza d’aure di tipo fotografico, è da considerare pienamente legittima l’aspirazione di quanti si dedicano al digitale a confrontarsi con le altre arti figurative e, quindi, a sperimentare i procedimenti creativi necessari per conferire alle immagini quel tasso di inverosimiglianza che, in genere, caratterizza le opere pittoriche e grafiche.

ARTE E MISTIFICAZIONE
    Il gusto mistificatorio dei fotografi, come si è visto, trae origine dal desiderio di inserirsi nella sfera dell’arte. Ma, riflettendo sulla vaghezza del fare arte oggi, proviamo a sintetizzare le caratteristiche di quello che dovrebbe essere, secondo me, l’artista ideale della nostra epoca:
    ".... L’artista contemporaneo interiorizza le concezioni estetiche del passato, analizza le intuizioni degli artisti che lo precedono e studia le teorie scaturite dal processo di storicizzazione d’ogni movimento. Egli è consapevole che ciascuna nuova esperienza, anche la più rivoluzionaria, matura in un sistema logico e consequenziale d’ascendenze, d’influssi, di citazioni; un sistema basato su più categorie ove quella estetica è sempre correlata alle categorie: politica, sociale, morale, psicologica, storica, ecc.
È solo attraverso l’interconnessione tra queste categorie che l’artista d’oggi può interpretare il sistema sociale e comunicare le proprie intuizioni in forme figurali usando vari mezzi, compresi gli Hardware ed i Software dell’informatica.” [3]
Il fotografo, compreso quello creativo dedito alle tecniche digitali, non fa eccezione a questo sistema interdisciplinare, purché non si limiti ad imitare stilemi già storicizzati, puntando esclusivamente sulla briglia sciolta della propria fantasia.
    Chi preferisce costruire l’immagine, piuttosto che rimanere fedele al dato visivo, dovrebbe modellarsi sulla figura ideale dell’Artista Contemporaneo testé lumeggiata, dopo di che si accorgerebbe che molte soluzioni grafiche presenti nella attuale realtà digitale non sono frutto di pensieri forti ma cedimenti al gusto elementare degli accostamenti formali, delle metafore scontate o retoriche, dei concetti espressi in forma binaria (soggetto principale più elemento surreale) ove il compiacimento per la soluzione tecnica fa premio sul vigore espressivo.
    Come valutare, infine, le opere qui riprodotte e, in genere, tutte quelle ove il processo di digitalizzazione allontana dal dato visivo iniziale per tentare l’estetica dell’inverosimile?
        Dobbiamo considerarle come fotografie dall’aura smarrita e, come tali, osservarle con sospetto, applicando i criteri d’interpretazione e di giudizio come per le preziose elaborazioni … anni ’60 / ’70?
E se fotografie non lo sono più, dobbiamo rivestirci del ruolo di critici d’arte ? Niente di tutto questo! Oggi,in virtù della moderna “Teoria Generale dei Sistemi”
 [4],
ci si orienta sempre più verso un processo integrato nella percezione, nella lettura e nella critica dei prodotti visuali: dall’arte pittorica ai mezzi per la comunicazione di massa, dai media pubblicitari alle iconografie illimitatamente riprodotte. I pittori e i critici d’arte d’oltralpe e d’oltreoceano ci sono già arrivati e lo fanno già. Per noi è ancora un po’ difficile, dal momento che l’apparato culturale nostrano non sopporta contaminazioni tra il compartimento della pittura e quello della fotografia. È certo però che se le immagini che illustrano questo testo hanno smarrito le aure proprie della fotografia, ne hanno acquisito altre: quella graffiante della magnificenza dei colori, quella seducente del surrealismo, quella nuovissima che consente loro di diffondersi con la velocità della luce.
    I contenuti? Per ora sono quelli della fiaba, dell’invenzione a briglia sciolta, dell’illusione, nell’attesa di un pensiero estetico più profondo cui poterle ricondurre e di un rigore compositivo che renda le nostre opere degne di concorrere alla funzione progressiva dell’Arte.
Bressanone, 20 gennaio 1999

[1]    Il termine “Kitsch” inteso nell’accezione letterale di <scorciatoia comunicativa>, caratteristica dell'Arte Pop, non come sinonimo di cattivo gusto.

[2]    Benjamin, W. , L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, (trad. it. Torino, Einaudi, 1966).

[3]   Rigon, G., dalla conferenza Convergenze, 1994.

[4]   Bertalanffy, L.V., "Teoria generale dei Sistemi - fondamenti, sviluppi, applicazioni", Milano, ISEDI, 1977.